La fibula prenestina? È una spilla in oro, famosa perché reca incisa la più antica iscrizione latina conosciuta. Oppure è un falso ottocentesco? In un romanzo storico ben documentato – che spesso si tinge di giallo – Sergio Fontana ricostruisce le incredibili vicende di un oggetto straordinario.
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Fibula è soprattutto la storia delle vite di donne e di uomini che le si sono intrecciate attorno; è lei stessa a descrivere questi personaggi, a intrufolarsi nelle loro esistenze, a narrarne gli intrighi, le manie, i desideri, le aspirazioni, le miserie. Infatti Fibula è un oggetto parlante, capace di raccontare. Non è soltanto finzione ma anche un dato di fatto: nell’iscrizione è proprio lei in prima persona a rivelarci, in un latino molto arcaico, che Manio la fece per Numasio. Nel gennaio del 1887 un archeologo tedesco, Wolfgang Helbig, la presentò alla comunità scientifica: il proprietario della fibula era l’oscuro antiquario romano Francesco Martinetti suo caro amico. Francesco e Wolfgang possono apparire come personaggi poco raccomandabili o almeno così sono stati considerati da Margherita Guarducci (1902-1999), la più ostinata sostenitrice della falsità della fibula. Attraverso avvincenti salti di tempo e di luogo Fibula ci narra la sua vicenda sullo sfondo di una Roma cosmopolita popolata da intellettuali, collezionisti, archeologi, antiquari, orafi e falsari; racconta di una contessa fatale e di una principessa russa, di direttori di musei ansiosi di esporla nella propria collezione e di spietate contese intellettuali, di una regina piemontese, di contadini, di operai e di un re ammazzato da un anarchico.
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